«Unidade – Acçâo – Progresso» • Timor Est

 «Unidade – Acçâo – Progresso» • «Unità – Azione – Progresso»

 

La República Democrática de Timor-Leste è una delle ultime nazioni in ordine di tempo ad essere stata riconosciuta, quando il 20 maggio 2002 ha ottenuto l’indipendenza dall’Indonesia.

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Il territorio del paese è costituito da due porzioni non collegate tra loro all’interno dell’omonima isola di Timor, per un’estensione di 18.900 km2 e poco più di un milione di residenti, su una superficie totale di 30.777 km2 ed una popolazione complessiva di pressappoco 3 milioni di abitanti – per avere un termine di raffronto familiare, la Sicilia copre un’area di 25.832 km2 e conta circa 5 milioni di persone.

Il clima è tipicamente equatoriale, con temperature variabili a seconda dell’altitudine (di media 15° sui rilievi e 30°lungo la costa) e stagionalità monsoniche (in linea di massima, secca da giugno a settembre, umida da dicembre a marzo); si possono comunque individuare tre aree principali: a Nord si hanno in assoluto meno precipitazioni ed un periodo asciutto prolungato fino a cinque mesi; la regione montuosa che occupa la parte centrale dell’isola ha piogge più intense e quattro mesi di siccità; mentre i venti australiani che battono le ampie pianure del Sud creano un ciclo di alta piovosità con soltanto tre mesi circa di tregua.

Possedimento portoghese fino al 1975 (nel bel mezzo di una nazione insulare quasi completamente colonizzata dagli olandesi), si è sempre distinto per la maggioranza cristiana di fede cattolica (il 97,6%, in base al censimento del 2015) e per la sua peculiarità linguistica, che – a dispetto dell’uso del Bahasa Indonesia, imposto dal governo di Jakarta durante l’occupazione – ha reso infine idiomi ufficiali del nuovo stato il portoghese ed il tetum, un pidgin derivante dalla mescolanza tra la parlata locale e quella dei dominatori originali.



Lo stemma ufficiale della piccola Repubblica ne riporta il nome e le iniziali in un sigillo circolare su sfondo bianco; al centro si trova il motto, sotto uno scudo rovesciato a sfondo nero e contorni rosso ed oro, che contiene diversi elementi:

  • alla sommità, una stella argentata a cinque punte da cui si diramano altrettanti raggi, a raffigurare i valori che hanno ispirato la pace
  • un libro aperto rosso, una ruota dentata d’oro, una pannocchia di mais ed una spiga di grano – tutti insieme, alludono alla capacità di progresso attraverso la conoscenza
  • un fucile d’assalto AK-47 Kalashnikov, una lancia ed un arco (armi moderne e tradizionali), a ricordare la lotta e la resistenza per ottenere l’autonomia

Lo scudo stesso è una rappresentazione stilizzata del monte Ramelau, la montagna più alta (2.963 metri s.l.m.) dell’intera isola di Timor; la punta e gli angoli simboleggiano la sovranità del Paese, il principio della separazione dei poteri e l’indipendenza.


La bandiera oggi in uso nella Repubblica Democratica di Timor Est è identica a quella che fu adottata nel 1975; la Parte II Sezione 15 comma 1 della Costituzione del Paese la descrive ufficialmente in questo modo: «La bandiera nazionale è rettangolare ed è formata da due triangoli isosceli, le basi dei quali si sovrappongono. Un triangolo è nero [RGB (0,0,0)], e la sua altezza è uguale a un terzo della lunghezza, ed è sovrapposto a un triangolo giallo [RGB (255,199,38)], la cui altezza è pari a metà della lunghezza della bandiera. Al centro del triangolo nero c'è una stella bianca [RGB (255,255,255)] a cinque punte, che simboleggia la luce che guida. La stella bianca ha una delle sue punte rivolta verso il bordo sinistro della bandiera. La parte restante della bandiera è rossa [RGB (220,36,31)]». Il successivo Comma 2 ne spiega così il valore metaforico: «I colori significano: giallo - le tracce del colonialismo; nero: l'oscurantismo da superare; rosso - la lotta per la liberazione nazionale; bianco - pace».

La lunga egemonia portoghese ha lasciato molte eredità nell’isola, tra cui quella religiosa; il tasso di praticanti dell’islam è qui – nel più popoloso e vasto stato islamico al mondo – ridotto a solo lo 0,2%, mentre il totale dei credenti cristiani è del 99,6%. Sebbene la Costituzione timorense riconosca la libertà religiosa, stabilisca la separazione tra Religione e Stato e non   contempli il riconoscimento di una religione di stato, il cattolicesimo si pone in posizione dominante, e non solo dal punto di vista numerico: nel preambolo dello Statuto Nazionale, infatti, laddove tratta della Resistenza che ha portato all’indipendenza, riconosce che «nella sua prospettiva culturale ed umana, la Chiesa cattolica di Timor Est ha sempre saputo accogliere con dignità la sofferenza di tutti i Popoli, ponendosi dalla loro parte nella difesa dei loro diritti più fondamentali».


Gli antichi regni locali furono rimpiazzati dalle occupazioni coloniali europee già a far tempo dal XVI secolo, ed i portoghesi ebbero la supremazia nella zona quasi ininterrotta (salvo un breve periodo di governo giapponese, durante la Seconda Guerra Mondiale) per circa quattrocento anni, fino al 28 novembre 1975, quando Timor Est proclamò la propria autonomia. Soltanto una decina di giorni più tardi, venne avviata la cosiddetta “Operazione Loto”, con cui l’Indonesia invase quel territorio, annettendolo come propria provincia; ciò scatenò una sanguinosa guerra civile contro le Forze Armate di Liberazione Nazionale (FALINTIL - Forças Armadas de Libertação Nacional de Timor Leste), provocando oltre 100.000 vittime.

Il referendum popolare indetto il 30 agosto 1999 sotto la supervisione della comunità internazionale sancì la schiacciante vittoria (con quasi l’80% dei voti) del fronte libertario; attraverso una Amministrazione Transitoria (UNTAET – United Nations Transitional Administration in East Timor) venne quindi avviato un processo che si concluse il 20 maggio 2022 con l’effettiva e definitiva dichiarazione di indipendenza.

Da allora si sono verificati un paio di tentativi di golpe da parte delle forze armate, tutti rientrati in qualche modo; ora la regione gode di una relativa stabilità.


Dopo centinaia di anni di sfruttamento, ed anche a seguito dei conflitti degli ultimi decenni, una volta emancipata Timor Est si è ritrovata in povertà e praticamente del tutto condizionata dagli aiuti esterni per la propria sopravvivenza e riorganizzazione.

Tuttavia, l’economia ha trovato modo di risollevarsi per via della recente scoperta di ricchi depositi marini di gas naturale e petrolio; la crescita è incentivata anche dagli investimenti di soggetti locali e stranieri, mentre il turismo – attualmente ancora in fase piuttosto embrionale – possiede un enorme potenziale, soprattutto in relazione alle risorse di coste ed acque quasi completamente vergini.


 

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Finuccia & Pietro

 

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